Concorso "Federico Ghibaudo"



"IL MONDO E' UNA COSA MERAVIGLIOSA"
di Michele Manzoni 3^F






Era ormai tardi.
Ero seduto in una stanza di un'albergo di Berlino; non c'erano mobili, non c'era il letto, era assolutamente vuoto. Le pareti erano di un verde carico e non esistevano finestre. Davanti ai miei occhi in quel giorno fottutamente freddo Norman. 1912, un anno passato viaggiando tra le strade di quella città diventata orribile.
Eravamo seduti, gambe incrociate, occhi chiusi, uno davanti all'altro.
Norman aveva passato diversi anni in Cina, aveva sputato ogni cosa per levare chiunque dalla merda. Iniziò a parlare: "Tu non sai cosa sia il bene, sei assolutamente lontano dall'idea che ciò ti possa colpire un giorno. Ti ami, follemente"
Incominciava ad essere insopportabile, non riuscivo a non recepire quelle parole, avremmo potuto raccontarci tutt'altre cose, discutere di Dio, della gente di merda che ci correva intorno, ma continuava, non smetteva un attimo, mi tranciava il respiro.
Stavo male, avevo lo stomaco a pezzi e non volevo aprire gli occhi, non volevo vedermelo davanti. Saltai in piedi ed urlai: "Tu non hai vissuto, tu hai fatto vivere, non sai cosa sia vivere, non conosci, non credi a nulla, così vieni a raccontarmi queste cose, io mi amo, tu non sei più in grado di salvarti, non ne sei capace. Sei un fallito, tu mi invidi, questo è il tuo problema, mi invidi, vorresti pensare come io penso e vivere a mio modo, solo che non ne sei capace, così mi insulti, accusi, sei immerso in una sporca difesa."
Ero io in difesa, dovevo rompere il suo monologo, non sarei riuscito a restare immobile, tranquillo.
La sua calma era assurda, angelica. Io ero in piedi, urlavo; lui seduto, con gli occhi chiusi, non si muoveva.
Avevo preso la mia decisione, scappare, l'aria era troppo pesante, non ci si camminava, dovevo scappare.
Urlai: "Tu non capisci, non ti guarderò più negli occhi, sei fallito, ti stai spegnendo."
Aprii la porta e mossi i primi passi lentamente, poi iniziai a correre giù in strada; sentivo qualcosa dietro, sulle spalle, mi voltai, era Norman. Corsi più in fretta per togliermelo da dietro ma lui restava lì, zitto. Sudavo, stavo assolutamente male. Entrai in un pub di omosessuali, ero sul punto di sedermi quando capii cosa stava succedendo. Stavo diventando pazzo.
Volai fuori da quel posto orrendo, tornai all'albergo e Norman era dietro di me, entrai in camera e mi stesi a terra. Norman non c'era più. Ero convinto di averlo ucciso, ero convinto che la causa della scomparsa ero io. Pensavo dove potesse essere.
Mi stavo preoccupando.
Rimasi tre giorni immobile pensando solo a questo fottuto uomo.
Mi stavo avvicinando alla morte.
Aprii gli occhi sperando di vederlo e lui era lì; era rimasto tre giorni sopra di me a guardarmi morire prima di parlare; urlò: "Ho imparato io, ma non solo, tu hai imparato, sai cos'è il bene ora, sei un ipocrita, hai capito ora, ormai non riuscirai ad allontanare quest'idea dalla tua testa, capita agli egoisti".
Rimasi ad ascoltare, poi corsi fuori dalla stanza e mi lanciai dalla finestra del corridoio, quindici metri di volo poi la terra, ero morto.
Il mondo è una cosa meravigliosa.