Concorso "Federico Ghibaudo"
1° Classificato



"PROTOFASE"
di Martino Redaelli 4^A






-Signore e Signori, quello che ascolterete è il fedele resoconto del tentativo di tre amici giovani di scrivere una storia giovane per un pubblico... per lo più meno giovane di loro.
(Continuando così la politica editoriale dello scrittore ventenne a tutti i costi, tra breve avremo più adolescenti scrittori che adolescenti lettori.)
Tale tentativo ebbe luogo il giorno 29/04/97 nella casa del qui presente Rudy che, colgo l'occasione per dirlo, ha proprio un nome che schifa. Chissà se i suoi genitori l'hanno chiamato così dopo aver fumato la canapa delle loro poltrone o dopo aver visto un film porno in lingua tedesca.
-Scusa se ti interrompo, carissimo, ma penso sia meglio iniziare la nostra impresa. Per prima cosa ciascuno esponga una propria idea... Comincia tu Bruffolo.
-Mah, a me piacerebbe che scrivessimo qualcosa sul poetico, su ciò che c'è di poetico nella nostra vita. Mi sembra interessante, anche se si rischia di finire nei tramonti rosa al parco o nella noia profonda.
Non so, potremmo raccontare la storia di un tale Diogene che passa la sua giornata alla ricerca del poetico, una spece di detective dell'emozione, che ne dite?, non so, raccontare la disperazione della musa Calliope, che un bel giorno, stanca di lavorare come cameriera, si mette in testa di tornare alla sua vecchia occupazione. Un po' scontato...
Certo l'altro giorno facevo questa riflessione (esclamazioni di meraviglia "Caspita!" "Addirittura una riflessione") in fondo l'immaginario poetico di un contesto spazio-temporale deve riflettere, per essere tale, il patrimonio di esperienze tipico del contesto stesso. Mi spiego. Perché si costituisca un immaginario poetico collettivo, occorre per forza un retroterra di esperienze comuni a cui attingere.
Ecco, penso che il problema della letteratura moderna sia questo: il non essere ancora riuscita a trovare un basamento di solide esperienze collettive, in un'epoca in cui le possibilità per il singolo individuo di compiere esperienze sono sempre più numerose e disparate e specializzate.
(Strepiti di entusiasmo ironico e pseudo ammirazione)
-CARRAMBA che filosofo!
Mi chiedo come un imbecille come te pretenda di emanare verità neanche fosse Umberto Eco, ma il ragionamento mi sembra fili abbastanza. Mi ricorda per certi aspetti una frase di Calvino in cui si sosteneva come l'uomo moderno abbia perso una gran parte delle potenzialità dei suoi cinque sensi tradizionali. Nel processo di formazione culturale dell'individuo, questi rivestono sempre meno importanza a scapito di una sempre maggior capacità di fagocitare concetti, idee, dati, numeri. E' chiaro che questo mezzo di conoscere la realtà è molto più soggettivo e diverso da persona a persona, mentre, dopotutto, i cinque sensi sono uguali per tutti e... quel che io vedo... tu lo vedi...
-Sapete che state diventando noiosi?
Le vostre sono solo paranoie esistenziali da giovani pseudo-intellettuali repressi. Date retta e me. L'unica è rifarsi al buon vecchio mondo degli affetti e dei sentimenti umani. L'unica esperienza collettiva, come dite voi, che sarà veramente collettiva per i secoli nei secoli è il rapporto tra madre e figlio, tra ragazzo e ragazza, e così via. Voi potrete dire che si finirebbe per scrivere di "lunghe trecce occhi azzurri e poi", ma in fondo la differenza tra un poeta e Marco Masini non è l'argomento affrontato, ma come viene affrontato. Lo dice sempre anche il Prof.
(Disapprovazione motteggi dopo l'ultima frase risate di scherno "Ah il Prof!")
-Poi, guardate, avete iniziato proprio male con tutti questi paroloni e problemi e difficoltà. In fondo quello che dobbiamo fare è una storia che piaccia il più possibile alla gente.
Prendiamo come esempio Brizzi, autore di "J.Frusciante" signore delle vendite di quest'anno. Una storia di adolescenti in rapporti conflittuali con la società, ma non troppo, da non diventare sovversivi; un po' di trasgressione, ma non da spaventare veramente; qualche rapida evocazione di spettri droga sesso morte, subito prontamente allontanati dal personaggio protagonista; una storia d'amore vecchia di secoli e un linguaggio con qualche parolaccia da sempre spontaneo e vivace, e qualche uso gergale da sembrare innovativo.
Cento paginette veloci, qualche luogo comune sulla scuola cattiva, la politica chi-se-ne-frega, la mamma che rompiballe, e il gioco è fatto.
-Guarda che non voglio scrivere una storia per farla pubblicare sui rotocalchi che la tua mamma legge quando va dal parrucchiere a tingersi i capelli di viola melanzana.
Comunque, hai ragione nel proporre un po' di semplicità.
Sentite un po' questa idea che ho avuto: scrivere la storia di un ragazzo di cui si riescono a leggere i pensieri, cioè, che tutti quanti glieli leggono comodamente in faccia parola per parola. Da piccolo era un mio incubo ricorrente. Pensate un po' descrivere la sua angoscia, che si fa più grande man mano che cresce d'età, finchè un brutto giorno, per la vergogna di non poter nascondere nessun pensiero segreto, decide di chiudersi in una camera e non uscire più.
-Ehi è splendido!
Una critica a un mondo che fà sempre più vergognare delle proprie idee e dei propri sentimenti.
Ma senti un po' la mia, idea. Riguarda il tempo.
Adesso, voi sapete che sono un cinefilo accanito, ecco; l'altro giorno discutevo con un amico di come negli ultimi anni in campo cinematografico abbiamo assistito a un'esplosione della dimensione temporale dell'opera. Cioè, in poche parole, il ritmo dei films è sempre più frenetico, veloce, vuoi per l'influsso di nuovi linguaggi come i video clips o gli spots pubblicitari, vuoi perché specchio di una società sempre più veloce, non so.
Il punto è che un ritmo indiavolato dall'inizio alla fine di un'opera, porta inevitabilmente alcuni problemi.
Il più ovvio è al perdita della dimensione poetica. Non so da un flipper scatenato quanta poesia si possa ricavare. E poi, anche i momenti descrittivi, senza azione! Ormai sono diventati insopportabili. Abituati come siamo a intere vite umane ridotte in venti minuti d'azione, qualunque descrizione ci sembra tremendamente noiosa.
Pensate a tutti quelli che si addormentano vedendo 2001 Odissea nello spazio. E il problema riguarda inevitabilmente anche la letteratura. Non so se sia un caso che in tutti i libri più recenti che ho letto non ho trovato descrizioni che superino lo spazio di tre righe.
E sapete qual'è un'altra conseguenza?
che non sono più possibili i cambi di ritmo, le accelerazioni, i momenti di suspense.
In fondo un ritmo velocissimo dall'inizio alla fine, anche se velocissimo, è uguale dall'inizio alla fine, e alla lunga diventa noioso e piatto.
Ecco la mia idea è quella di scrivere qualcosa che spezzi questo appiattimento temporale, che so, un crescendo un'accelerazione letteraria.
Magari partendo dalle sarabande indiavolate degli elettroni attorno al proprio nucleo, passando per la frenetica attività degli enzimi che corrono per il vostro corpo, il nervoso movimento dei miei occhi arrossati, che finiscono per rallentare, si appesantiscono, e da ultimo, il lento gocciolare del rubinetto, le gocce cadono pesantemente, POF POF, ma ora aumentano, POF POF sempre più veloci, eccole trasformate in pioggia, temporale di inizio agosto, sfrecciare di un Concorde, moti celesti e asteroidi.
Ecco, diminuendo e crescendo, come quel pezzo di Duke Ellington!
-A proposito di moti celesti, io ho un'idea più carina: scrivere una FAVOLA COSMICA. Pensate che tenera fiaba di un neutrino che vaga per l'universo alla ricerca della molecola madre da cui è staccato da milioni di anni luce. Raccontare tutti i suoi incontri con feroci meteoriti, asteroidi nomadi, vecchi corpuscoli.
-Oppure qualcosa di più drammatico.
Un'epopea della guerra tra galassie
L'epica cosmica!
"Navi in fiamme alle porte di Orione"! (Bade Runner, Ridley Scott)
-Calmo, Tu devi sempre esaltarti.
-Ma pensate che roba, scrivere una TEOGONIA universale, una mitologia degli immensi spazi celesti, imperi d'idrogeno, civiltà molecolari, buchi neri.
-Un piccione.
-Cosa? che dici?
-A me viene in mente la storia di un piccione.
Tutte le mattine appollaiato su di un cornicione, e io devo FORZATAMENTE passarci sotto. Allora mi fermo, lo fisso negli occhi, e ceco di capire quali sono le sue intenzioni. Lui ha sempre un'aria determinata, tra lo spavaldo e il malizioso. Ci fissiamo. Poi prendo lo slancio, per questa mattina la mia testa è salva.
(Risate grasse)
-A me invece è venuta un'idea seria. "perché ricordiamo il passato e non il futuro?" E' una frase di tale Carlo Sagan che ho letto nell'introduzione al libro "Dal Big Bang ai buchi neri"
-Di cui peraltro hai letto solo l'introduzione
-Appunto.
Comunque, non sarebbe male la storia di un individuo che ricorda il proprio futuro invece del passato.
Pensate un po' l'esistenza di questo poveraccio, schiacciato dal peso del FATO INCOMBENTE. La sua angoscia per la coscienza di dover affrontare, che so una malattia, una sconfitta sentimentale, l'incidente fatale...
-Un po' tragico...
E se più semplicemente scrivessimo un racconto in cui il tempo scorre all'indietro, prima gli effetti e poi le cause?
-E come lo incominci?
"e vissero felici e contenti"?
-Perché no? A me sembra una buona idea...
-Sì, di buone idee ne abbiamo avute. Ma adesso dobbiamo svilupparle.
-Dici? MMM E' tardi. Io vado a casa.
-Sì anch'io... domani dobbiamo alzarci presto mi dai un passaggio?