Liceo Scientifico "Paolo Frisi" - Monza |
Premio Letterario "Federico Ghibaudo"
"TRAPPOLA DI CRISTALLO"
di Giorgia di Tolle - 3a D
La stanza profuma ancora di
festa o, per dirla in altre parole, nonostante le finestre aperte
e i litri di detersivo zanfa ancora di alcool e fumo da far
schifo.
Io sono nel bel mezzo dei postero die. Accidenti, non vorrei
essere viva. Ho pulito tutto il giorno, ho le occhiaie fino alle
ginocchia e l'immancabile mal di testa post-sbornia che mi sta
spezzando in due. Ma non è solo questo.
Le feste fatte a casa mia sono una tradizione ormai, io e il mio
migliore amico Tommaso ne abbiamo organizzate per anni. Lui però
ha traslocato un mese fa e quando mi sono ritrovata da sola a
dover mettere insieme una serata mi stava venendo una crisi
isterica, non sapevo nemmeno da che parte cominciare. Per queste
cose eravamo complementari: lui aveva le idee, io le rendevo
realizzabili, e viceversa.
Senza la mia metà mi sentivo persa. Poi all'improvviso è
ricomparso Alex, l'ex della Benny, che dopo che si erano mollati
aveva ricominciato a uscire con la sua vecchia compagnia e non ci
aveva più cagati nemmeno di striscio.
Una settimana fa ero totalmente in crisi, giù in taverna, in
mano il blocco delle COSE DA FARE pieno e nemmeno una cancellata,
quasi con le lacrime agli occhi perché non c'era lo straccio di
nessuno che si fosse degnato di darmi una mano. Così ho
cominciato a pensare, e quando mai pensare ha fatto bene a
qualcuno? Pensavo e mi chiedevo che razza di amici avessi che
fintanto che si tratta di ballare, bere e fumare ci son tutti ma
per sbattersi nell'organizzazione vengono presi da mali
fulminanti. E poi da cosa nasce cosa e mi sono ritrovata a
guardare il mondo e a vederlo solo pieno d'odio e di ingiustizie,
con noi che non siamo altro che scatole di cartone chiuse nel
nostro egoismo, mentre pian piano ci trasciniamo alla deriva
nella nostra indifferenza.
Insomma ero lì modello suicidio quando è suonato il telefono.
"Salve sono Alessandro, c'è Caterina?"
"Sono io"
"Ciao Cathy, ascolta, ho sentito la Claudia e mi ha detto
che la prossima settimana fai la festa per il suo compleanno. Mi
ha invitato. Mi chiedevo se vuoi che dica a Manu e Max di venire
a suonare."
"Si, sarebbe fantastico. Senti posso chiederti un favore? Mi
puoi prestare il mixer?"
"Certo anzi, se non hai niente da fare posso venire a
montarlo anche adesso"
Così dopo mezz'ora era già lì che smontava l'impianto e io mi
sono sfogata un po con lui.
"Ma dai, non devi prendertela per queste piccolezze, alla
fine tutti ti vogliono bene è solo che la nostra è la società
del 'ci penserà qualcun altro' e così va a finire che a fare
tutto il lavoro sono sempre gli stessi"
"Si lo so. E' solo che quando succede ci si sente un po'
abbandonati, specialmente se sei una fatalista come me! Non ho un
minimo di fiducia. Non negli altri, ma in me stessa. Ogni volta
penso: ma cosa può importare a loro che sono così colorati di
un affarino nero come me? Alla fine, sono solo un altro volto tra
la folla, niente di speciale, perché dovrebbero
interessarsi?"
"Perché magari per qualcuno sei una stella cadente"
E qui ha abbassato gli occhi e mi è sembrato arrossisse.
"Non sempre le cose sono quello che sembrano. L'amore è
bizzarro, non guarda il valore assoluto delle persone, ma quanto
riescono a entrarti dentro. Per toccare il cuore ci vuol poco e
tanto. Tutto è soggettivo. Per esempio, a qualcuno può piacere
perfino quello sguardo buffo che hai stampato in faccia
adesso!"
"Grazie tante. No per la verità mi chiedevo una cosa: ma
come fai a capirci qualcosa in quel bordello di fili, li hai
staccati tutti! Va' che bastava collegare il mixer, non c'era
mica bisogno di rifarmi tutto l'impianto"
"Vedi, tu ancora torni sui valori assoluti. E' normale che
per fare qualunque cosa si disfi il meno possibile giusto? Bhe,
per me non è così, per me l'unica cosa che abbia un minimo di
senso in questo mondo è il caos, solo dal caos puoi ritrovare il
tuo equilibrio, il tuo ordine. E' così per i fili come per i
sentimenti.
Mia madre non entra nemmeno più nella mia stanza perché dice
che è simile a un campo di battaglia e in effetti cè
in giro di tutto: vestiti, libri, fogli, matite,
giornali... Eppure io lì dentro sto bene. Se sono confuso, trovo
la mia pace e credimi, so sempre dove sono le cose perché per me
quel caos ha una logica, una sua ragion d'essere. Il caos ti dà
libertà, modo di esprimerti e così coi fili: non so farti il
sistema spostando ordinatamente ogni singolo pezzo, devo
incasinare tutto, per tornare nel mio ambiente. Quello che tu
chiami incasinare, per me riordinare, e viceversa. Vedi, tutto è
relativo... persino linteresse, o l'importanza"
"Si, non importa se per il mondo non sei nessuno, perché
per qualcuno potresti essere il mondo..." Il bello è che io
l'ho detto in senso ironico, mentre a lui si sono illuminati gli
occhi.
"Visto che sei già entrata nell'universo platoniano delle
idee?"
"In che?"
"L'universo platoniano delle idee, tutto il tuo piccolo
mondo fatto di assurdità che ti rende speciale, unico"
"Ma sai che sei sorprendente? La Benny dice sempre che sei
un'insensibile e uno stronzo, però a me sembri così... non lo
so... dolce... unico"
"Io e la Benny non ci siamo lasciati molto bene e sono un
po colpevole. Non mi sono comportato in modo
esemplare..."
"Cioè?"
"Ecco... l'ho come presa in giro, anche se non era mia
intenzione, insomma... sarà meglio che racconti tutto perché
vedo che non stai capendo niente."
"Vedi, prima che ci mettessimo insieme le avevo parlato sì
e no tre volte e per me era il massimo: bella, simpatica,
divertente... Così a carnevale ci ho provato... lei ci è
stata e... insomma sai cos'è successo. Comunque dopo un po' che
stavamo assieme mi sono reso conto una cosa: la ragazza di cui mi
ero innamorato non era lei, ma quella che io credevo fosse lei.
Insomma la Benedetta non era il mio ideale e così mi sono reso
conto che non potevo più continuare così, ma come potevo dirle
'non sei tu'? Così le ho detto che avevo un'altra"
"In che senso non sei tu?"
"Nel senso che io sono innamorato, so perfettamente com'è
la ragazza che amo, solo che non l'ho ancora incontrata. A volte
mi illudo che una delle mie storie sia lei, ma rimango sempre
deluso. Eppure io so che lei esiste, devo solo continuare a
cercare. Credo che sarà lei a riconoscermi, quando ci
troveremo"
"Sei un tipo strano"
Poi ci siamo sorrisi e lui ha continuato a lavorare in silenzio
finchè non se n'è andato.
Nei giorni seguenti mi ha aiutato tantissimo incoraggiandomi e
calmandomi quando schizzavo; e così ci siamo ritrovati ieri una
mezzoretta prima della festa da soli io e lui sul divano verde
della stanza viola, mentre di là nella taverna ormai trasformata
a salone Manu e Max provavano "Alway?".
Avevo la testa sulla sua spalla e lui mi teneva per mano,
cercando di tranquillizzare il mio solito panico pre-festa. Era
un momento magico.
"Mi spieghi perché sei così agitata? Alla fine ci sono gli
stessi bimbi che vedi tutti i giorni"
"Lo so è solo che se qualcosa va storto la responsabilità
è mia. Ma anche a me fa incazzare la mia continua preoccupazione
e sai una cosa? Ci sono momenti in cui sono incazzata con tutto
con tutti: con mia madre perché qualunque cosa faccia non va mai
bene, con mio padre perché dice sempre la cosa sbagliata al
momento sbagliato..." L'ho visto accendersi una sigaretta.
"...con le sigarette perché fanno venire il cancro, con il
cancro perché non ha niente di meglio da fare che andare in giro
a uccidere la gente, con la gente perché è così stupida da
andare avanti nelle sue abitudini sbagliate così, per forza
d'inerzia e con me perché non so far altro che blaterare
cazzate, più m'interessa una persona più sparo minchiate. E'
disarmante! Adesso poi sto proprio toccando il fondo..."
"Allora vuol dire che... »
DRIIINNNI! Stupido citofono che ci ha interrotti sul più bello.
A quel punto sono iniziati ad arrivare gli altri così non
abbiamo più avuto modo di parlare sul serio. L'inizio e la fine
sono i momenti più indaffarati: metti i cappotti nella stanza
viola, sincerati che non ci entri più nessuno, eccetera.
Credo ci si possa immaginare la festa: bordello, la Susy che
piangeva e rideva insieme ubriaca fradicia, solito strip di rito,
giochini vari, pogo con conseguente imbrattatura perfino del
muro...
Comunque, io avevo deciso che appena avessero attaccato
"Always" l'avrei invitato a ballare, ero troppo persa:
lo guardavo da lontano in piedi sulla sedia e sembrava che, le
luci fossero solo per lui, che fosse lui la luce; quando
saltavamo in cerchio, io mi muovevo con lui, per lui. Nulla
importava più, aveva ragione, l'avevo riconosciuto. Non avevo
mai provato nulla di simile: gli angeli suonavano le trombe
celesti e lo ricoprivano di polvere di stella.
Quando Manu ha intonato "This Romeo is bleeding..." non
vedevo che Alex, i suoi occhi, le sue labbra. Poi la Susy mi ha
trascinata fuori ridendo... ho dovuto tenerle la manina mentre
vomitava, poi per fortuna è arrivata la Benny e mi sono
precipitata dentro che c'era già il ponte: "If you told me
to die for you - I would". E' stato allora che l'ho visto
con la Claudia, che ballavano, così vicini, così assorti e poi
quando è iniziato l'assolo e loro hanno avvicinato le labbra e
tutti hanno applaudito ridendo come fanno sempre io... io mi sono
solo accasciata sul pavimento e volevo sparire.
La musica nel frattempo era cambiata, sempre Bonjovi, ma
un'altra:
"This is real life
This is real love
This is real pain...
These are real tears...
Inside I can't hide"
E allora ho cominciato a piangere come una bambina, come un
gattino ferito. Non mi sono mai sentita così sola. La festa
continuava come se niente fosse successo, tutti allegri, tutto
bene e non c'era un cane che s'accorgesse di me. Gattonando mi
sono trascinata nella stanza viola, deserta, e mi sono
accoccolata sul divano verde, le lacrime che scorrevano piano ma
inesorabili, espressione di un dolore troppo profondo per poter
gridare. Gocce silenziose scivolavano giù peggiorando il groppo
che si era formato in cima allo stomaco e al cuore. Faceva così
freddo, sembrava soffiasse la tramontana.
Il resto della festa è stato come un sogno: io che piano piano
mi rialzavo e facevo buon viso cattivo gioco, che ballavo con lui
e ridendo mi congratulavo, che mi fingevo contenta quando diceva
"E' lei" e poi tutti che mi salutavano e restavo sola.
Non sono andata a dormire, mi son accasciata sul pavimento fetido
e mi sono addormentata tra i singhiozzi.
Mi sono svegliata poco dopo l'alba, per un raggio di sole che
indiscreto mi accarezzava le palpebre.
Ora sono ancora qui nella stanza viola seduta sul divano verde
che tento di rimettere insieme cocci, sia della stanza che del
mio cuore. Mi sento uno straccio, nonché maledettamente sola.
Forse l'unico sentimento possibile in questo momento è la
rassegnazione. Seduta sul divano, lascio che la TV mi lobotomizzi
il cervello.
Poi, in quella specie di film attacca una colonna sonora
fantastica, così mi alzo e avete presente quei momenti in
cui balli per sempre, balli per la vita, come se non ci fosse
più un domani, come se tutto finisse proprio in quell'istante,
con la musica che innalza la tua anima fino al cielo, a quel Dio
che ci guarda dall'alto della sua torre d'avorio, silenzioso e
impietoso di noi piccoli servi che strisciamo infelici e soli in
un bosco di ghiaccio, che invano schiviamo le trappole di
cristallo.
E quando sai che la trappola scatta, non cè niente che tu
possa fare, per la fine delle speranze la gente che sparisce
nella nebbia non puoi far altro che mettere a pala quel vecchio
film e quando cresce quella vecchia canzone anni '60 che non
ascolteresti mai ma è proprio lì, in quel vecchio film, allora
inizi a saltare su e giù per il tappeto prendendo a cuscinate il
mondo trattenendo a stento le lacrime che scorrono giù nella
scena madre, quando il nostro eroe tocca il fondo e si alza
un'altra canzone lenta, malinconica, di cui capisci solo due
parole, ma sono quelle giuste, che fanno sciogliere quel groppo
che è lì da tanto, troppo tempo e così chi ti vede nota una
pozza negli occhi che sgorga pian piano giù per le guance, in
silenzio, ma alla grande, perché se anche tu con il nostro eroe
tocchi il fondo, Dio, il ruzzolone è grandioso.