Liceo Scientifico "Paolo Frisi" - Monza

Premio Letterario "Federico Ghibaudo"
Premio Speciale Giuria

 

"DiScUsSiOnI / eSsElFiR"

di Vincenzo Calvaruso - 5a H

 


"SUCCEDAVA SEMPRE CHE A UN CERTO PUNTO UNO ALZAVA LA TESTA... E LA
VEDEVA. E’ UNA COSA DIFFICILE DA CAPIRE. Voglio dire... ci stavamo in più di
mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure
c'era sempre uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando
o
passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i
pantaloni... alzava la tesa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva.
Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette
volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava: "

S: Solo, troppo solo. Infinitamente lontana da ogni forma che si possa definire reale, irrisolvibile è la mia solitudine.

I.R.: Soluzione

S: La voglia mi abbandona
nessuno mi perdona
non voglio diventare
quell'uomo che del cercare,

fa il suo destino
senza mai pace
per tutto il cammino.

La terra non giace
non si ferma mai
e a ciò non mi dò pace.

I.R.: L'astratto
timore incute
al re del concreto?
Questa per noi la vita?

S: cammino sofferto
di un umile errante,
fiducia né amore avverte,
ma solo il desio
di una fine certa,
unico augurio di
chi vive morendo.
Questa è per me la vita.

I.R.: Visione nera di un concetto che fa parte della tua mente. Non è cosi il tuo cammino. Riprova ancora una volta.

S:- Vita? Si è persa
nell'apparenza,
porta chiusa
alla verità...

...che possa portare a credere
di vivere in un mondo
in cui non cerchi più la
speranza
di non morire per la vita

S: Visioni opposte, pessimismi implicitamente irreversibili ma incompatibili in questo modo non si può sperare di avere l'opportunità di cogliere quell'attimo di cui tutti abbiamo diritto e che ci fa andare avanti attraverso tutte le sofferenze. Non saremo mai... Ff... fe... felic... i.

I. R.: Non capisco quello che stai dicendo

S: Ti faccio una domanda: la felicità?


I.R.:
Antica speranza
di essere felice
spentasi nel vuoto
che permane nella
anima colpita.

S: il problema?
il grande buco nero nel quale la luce rimane imprigionata a causa del grande campo che non le permette di uscire.

I.R.:
Io, il campo e la luce i miei sentimenti.
L’esterno non riesce a percepire quello che c’è dentro di me, una si sofferma soltanto in superficie dove non c'è niente, ma
appare un calcolo freddo, isterico e utilitaristico privo di scrupoli, che non ha nulla a che fare con la mia interiorità.

S: Gli uomini?

I.R.: E cosa centra ora, di punto in bianco, questa domanda inaspettata tanto da lasciarmi senza fiato che sembra quasi un
sibilo pronunciato da un’anima muta che vuole riflettere sul particolare umano?

S: Non lo so.
C’è un modo di fare gli uomini che non facciano del male?

I.R.: Se la deve essere chiesta anche Dio, questa, al momento buono.
Non so. Ma ci proverò.
S: Se proprio ci devono essere degli uomini, che almeno volino, e lontano.

I.R.: L’uomo appare gettato in mezzo all'esistenza come un paio di dadi. Tutto nella vita ha l'apparenza di un caso: sono stato scelto per caso, a caso mi debbo comportare, a caso scomparirò.