Liceo Scientifico “Paolo Frisi” - Monza
PROTAGORA:
La realtà… non esiste, appare.
MATEMATICO: La realtà è ciò che io, padrone degli strumenti delle
scienze esatte, posso dimostrare. Ciò che non si può dimostrare non esiste.
PROTAGORA: Allora tu stesso non esisteresti. Della realtà… noi
possiamo conoscere ogni aspetto, solo che esso può apparire agli uomini sotto
una forma, oppure nelle vesti del suo contrario. Non c’è univocità….
MATEMATICO: Se nulla è sicuro, e l’apparenza è tutto, di quali tue
convinzioni mi stai allora facendo certo. Stai forse cadendo in contraddizione?
Se mi stessi dicendo una cosa e l’altra per essere coerente col tuo pensiero,
io scusa non ti comprendo.
PROTAGORA: Una realtà c’è. Con che non voglio dire che noi mortali
possiamo intendere il vero, che una verità… univoca non esiste: quella
realtà che voi chiamate dimostrabile, e cui di conseguenza attribuite il titolo
di Verità, è al contrario una realtà doksa.
MATEMATICO: Ma considera una cosa che io posso dimostrare, o di cui posso
dire che E’, per utilizzare un linguaggio che ti è più consono; essa postula
in sé i suoi attributi e quindi la sua oggettiva verità….
PROTAGORA: Sciocco! Se avessi prestato attenzione alle mie parole ti
saresti accorto che la realtà non E’, ma c’è. Ho detto che la realtà ci
si presenta come apparenza; e dunque ne consegue che sono la sapienza dell’intelletto
umano e la sua istruzione retorica che gli permettono di rappresentarla nel modo
che gli aggrada.
MATEMATICO: Tu mostri di non aver posto mente all’essenza intima di
ciò di cui vuoi essere esperto. Il vero esiste, ma, e in questo mi ritrovo
concorde a te, non nella realtà comune come appare alle persone di poco acuto
ingegno. Esso non dipende come vuoi sostenere tu dalla mia propria volontà….
PROTAGORA: Facciamo che io non creda veramente a quello di cui sto
cercando invece di farti certo: potresti tu, ora, dimostrarmerlo? Potresti tu
dirmi qual è la verità a mio proposito?
MATEMATICO: Stai cercando di sviarmi ed ingannarmi con le tue parole. Il
vero esiste e lo si può trovare nelle leggi supreme che regolano il mondo; ed
è una verità che noi possiamo dimostrare, potendo con la forza della ragione,
e non con la tua fuorviante retorica, convincere anche i più scettici. Le tue
argomentazioni non sono che illusioni, basate su una finzione.
PROTAGORA: Io non ti sto mentendo. Dal momento che sono conscio e
dichiaro la non esistenza di un vero univoco, io sono sincero nel presentarti la
mutevole realtà.
Non sono ordunque fasulle anche quelle che voi chiamate superbamente certezze
scientifiche come la luce del giorno ed il buio della notte, il giallo del sole
ed il bianco della luna laddove un cieco se le immagina diverse?
Dipendono solo da una percezione umana.
MATEMATICO: Ma un cieco non può, essendo manchevole della vista, non
può Conoscere la realtà.
Egli la percepisce manchevole, e crea false illusioni.
PROTAGORA: Sei in errore, e sei tu che ora stai cadendo in
contraddizione. Le sue non sarebbero illusioni, perché la conoscenza della
realtà è una percezione della mente e dei sensi.
Tu sostieni di poter dimostrare la realtà, perché allora non ne puoi rendere
consapevole anche il cieco?
MATEMATICO: Così il mondo risulta però contraddittorio.
PROTAGORA: E’ l’uomo la misura di tutte le cose.
La realtà non sarebbe di per sé contraddittoria, semplicemente non definita;
se solo voi non cercaste di affermare la sua univocità e di dimostrarla! Cosi
facendo la rendete falsa.
Mi è stato sottoposto poco tempo fa questo quesito da un uomo appassionato di
presunte verità *); lo voglio ora rivolgere a te, che ti professi maestro delle
scienze esatte: se fai cadere un grano di miglio esso non genera nessun rumore;
ma se fai cadere un sacco di grani di miglio, il tuo orecchio ne percepisce il
suono.
Si ingannano allora i tuoi sensi, o è forse la realtà che appare diversa in
momenti diversi, perché non è univoca?
Rispondimi, se sei in grado di dimostrarmi il fenomeno con la tua verità.
MATEMATICO: Mi stai nuovamente ingannando; non posso dimostrarti ciò che
tu mi chiedi, perché la tua è una domanda capziosa. In verità il suono esiste
sempre.
PROTAGORA: Sicché tu lo puoi sentire.
MATEMATICO: No, sentire no. Ma esiste.
PROTAGORA: Non andare in collera; lo puoi dimostrare a me o al mondo?
MATEMATICO: Non posso dimostrarlo. Ma esiste!
PROTAGORA: Bene, bene. Mi risolvo a concludere che neanche tu mi puoi portare
dimostrazioni oggettive del vero e sei in contraddizione con te stesso.
Però anzi cerchi di ingannarmi con le tue pretese, mentre io sono stato sincero
con te. Tu menti a te stesso e agli uomini, ma in conclusione la realtà neanche
per te è vera.
Cosi è veramente.
*) Zenone lo Stoico
dal "Dialogo di Protagora e di un matematico"
[L’operetta è stata ritrovata nella biblioteca pubblica di Recanati,
intitolata ma non firmata; è stata attribuita a Leopardi, rintracciando in
essa, attraverso l’uso dell’ironia, le teorie del poeta sul rapporto tra il
vero e le illusioni. In realtà il fatto che non sia stata inserita nelle
"Operette Morali", lo stile meno retorico e il modo stesso in cui sono
trattati i temi, alcuni dei quali estranei al Leopardi, fanno discutere a
proposito della possibile attribuzione: è stato anche ipotizzato che possa
trattarsi di una posteriore imitazione, di un falso.]