Liceo Scientifico “Paolo Frisi” - Monza
Già
mentre metti il libro di storia nello zaino sai che lì rimarrà fino al tuo
ritorno a casa. Prima di uscire di casa il pomeriggio pensi immancabilmente di
sfruttare la mezz’oretta di viaggio in autobus per studiare la lezione per il
giorno dopo, ma il buon proposito di dedicarsi alla cultura rimane altrettanto
immancabilmente tale.
All’inizio te ne stai seduta a osservare la strada fuori dal finestrino e poi,
succede sempre, rivolgi l’attenzione verso la gente che viaggia con te: scruti
gli altri, ascolti le loro conversazioni, senza volerlo, senza cattiveria, sarà
voyeurismo come quello degli spettatori del Grande Fratello, sarà noia, ma
finisci sempre per farlo. A volte la cosa ti fa diventare davvero triste.
Beh, non sempre, dipende dal tuo umore.
Quando sei già un po’ giù di tuo vedi le cose in maniera diversa, e ti
sembra ovvio che lo strato di trucco di quella ragazza seduta sul sedile dietro
non è quello che lei è, è quello che lei vuole sembrare davanti ai suoi amici
alle persone che incontra per strada ai ragazzi che incrocia nei corridoi della
scuola ai suoi genitori che magari una volta per tutte vedono che lei è
diventata grande. Probabilmente lei si piace pure ma secondo te in fondo non è
vero affatto.
Consideri che ai due ragazzini che stanno discutendo a proposito dell’interrogazione
di scienze dei giorno dopo non importa proprio niente della doppia elica, ma
domani in classe ne parleranno con passione al professore, prenderanno otto più
e tra una settimana non si ricorderanno neppure se era la citosina quella che
stava con la guanina (o era l’adenina?).
Sorridi osservando la ragazza che sta descrivendo all’amica che le siede di
fianco tutte le dinamiche psicologiche del processo che ha portato il suo ex ad
abbandonarla ottusamente per un’altra (gli uomini non capiscono mai niente ma
tornerà lo so ed io gliela farò vedere stanne sicura però nel frattempo ci
sto troppo male aiuto), interlocutrice annuisce comprensiva, è voltata di
spalle ma se potessi sai che le leggeresti negli occhi solo l’attesa un po’
risentita di poter esporre anche i suoi di problemi esistenziali, di sicuro più
gravi di quelli di questa lagna che non capisce niente della vita (sono d’accordo
con te, guarda che uno come quello meglio perderlo che trovarlo).
Avverti provenire da dietro di te un tipico ticchettio di cellulare, ti immagini
il sorrisino stampato in faccia alla ragazzina intenta a rispondere ai messaggi
sdolcinati di un qualcuno a causa di cui si ritroverà sdraiata sul letto a
piangere entro un paio di settimane...
... ti senti un po’ cinica oggi, eh?
Lo sguardo cade sul pezzo di stoffa bianco attaccato allo zaino, e neanche tu ti
senti poi cosi genuina... hai manifestato per la pace, hai una bandiera
arcobaleno appesa fuori dal balcone di casa, ti infervori sporadicamente
discutendo della guerra e di questioni più grosse di te, ed in fondo continui a
percepire i tuoi piccoli problemi, le tue interrogazioni, i tuoi litigi con i
genitori ed i tuoi telefoni che non squillano come faccende più gravi dell’enormità
che intanto succede.
E anche tu ti trucchi, anche tu studi e ripeti cose di cui non ti importa
proprio nulla, anche tu hai manie di protagonismo e anche tu mandi messaggi
sdolcinati, nel disperato tentativo di comunicare... e mentre sei lì, seduta
sul tuo sedile, su un autobus di linea qualsiasi, ti sembra di cogliere l’essenza
di un non sai che di universale. Noi non possiamo comunicare, non ne siamo
capaci, le bugie devono esistere per forza, non tanto le bugie che si
raccontano, quanto tutte quelle che mettiamo nel modo di vestire, nel modo di
parlare, nel nostro apparire... Siamo costretti a tante piccole bugie perché è
il modo più semplice che troviamo per lanciare i nostri pensieri e toccare
quelli degli altri... siamo isole collegate da ponti barcollanti di parole e
sguardi...
Basta poco per spezzare il filo di certe riflessioni, ad esempio il bip-bip dei
cellulare, è arrivato un messaggio. Per di più l’autobus è quasi alla tua
fermata, ti alzi e ti accorgi che devi muoverti a tornare a casa, hai detto a
tua madre che saresti stata indietro per le sei, stavolta ti uccide davvero.
E poi devi studiare storia.