Liceo Scientifico “Paolo Frisi” - Monza

Premio Letterario “Federico Ghibaudo”

“POMERIGGIO”
di Fulvio Paleari - 5a F

Le tre e dieci. Esco da scuola, dove è appena finita l'assemblea di classe. Non che fossimo una folla: eravamo solo quattro. Meno male che è venuto Marco, sennò sarei stato da solo con la Poli e la madre della Mari. Prima di entrare, avevo sbirciato nelle altre classi. Piene. No, non è vero: però quanto meno c'era un po' di gente. E' una bella giornata: mentre cammino sul marciapiede di fianco alla scuola, in direzione della macchina, sento la brezza gelida, ma il sole emana un certo calore e il cielo è sereno. Adesso devo andare a fare le fototessere e in biblioteca a vedere se hanno un film. Non è un paese per vecchi, dei fratelli Cohen. L'unico film che abbia mai visto dove la colonna sonora manca completamente; non che sia un male. Arrivo al punto in cui ho parcheggiato e vedo che lo spazio fra la strada e la mia macchina è occupato da un furgoncino in doppia fila con le quattro frecce accese. Ovvio. C'è un ometto, sopra la sessantina, che ha attraversato la strada ed è entrato in una calzoleria. E' lui il proprietario del furgoncino. Beh, never mind. Non ho fretta. Lì vicino c'è una panchina: è occupata da una signora anziana e da una più giovane, forse la figlia che ha portato la madre a fare una passeggiata. Mi siedo su un'altra panchina, lì di fianco. Aspetto. Ogni tanto butto un occhio alla porta entro cui è sparito l'ometto. Dopo un po' , tiro fuori le auricolari, le collego al lettore e metto su un po' di musica. Aqualung, dei Jethro Tull 

Sitting on a park bench,
Eyeing little girls with bad intent

La tipo alla biblioteca ha controllato sul computer e ha visto che il film ce l'hanno a Desio. Arriverà fra qualche giorno. E naturalmente dal fotografo c'è gente. Una coppia anziana, e una madre con una bambina piccola. Ha compiuto tre anni e deve iscriversi all'asilo. Ma che bello signora, come sono contento. Esco e mi siedo ad aspettare su una panchina in piazza, davanti alla fontana. Comincia a fare freddo. In biblioteca ho visto un articoletto su un giornale. Diceva che il comune di Milano pensa di far sostituire le panchine nei parchi. Le nuove panchine avranno il piano di seduta diviso in tre parti da separatori metallici, come se fossero tre sedie con braccioli saldate fra loro. Dicono che è per evitare che i barboni ci si sdraino sopra per dormire. Beh... una volta ho avuto la febbre per due settimane: continuavo a prendere l'aspirina, che me l'abbassava. Ma poi risaliva. Questo perché curavo i sintomi non la malattia. 
La coppia di anziani sta uscendo: meglio che entri, prima che qualcuno si freghi il mio turno. 

Salgo in macchina e ovviamente, una volta accesa, mi accorgo che è finito il metano. Sta andando a benzina. Tanto vale andare a far rifornimento al distributore vicino allo stadio. 
Una volta arrivato, spengo il motore, scendo e mi siedo su una panchina ad aspettare mentre l'addetto inserisce il cavo del gas pressurizzato. Un pieno di metano richiede più tempo di uno di benzina. Il distributore è affollato: ci sono quattro o cinque vetture. Una donna, un uomo paffuto, un signore anziano che sembra annoiato e un ragazzo con occhiali da sole e aria strafottente da truzzo; faccio una smorfia e mi volto verso il viale a vedere le macchine sfrecciare. Il sole ormai ha cominciato ad abbassarsi sull'orizzonte e il freddo è intenso. 
Sono nove euro e sessantacinque; il metano costa poco. Mi dirigo a pagare. Alla cassa c'è un tipo con i capelli lunghi, gli occhi chiari e un orecchino. Lo pago e lui mi ringrazia e mi saluta. Sono combattuto. In effetti sento l'impulso di fargli la domanda, anche se è una cosa stupida... 
beh, so già che non riuscirò a trattenermi. Tanto vale farlo con decenza, allora. Cerco di assumere l'aria più composta e distinta possibile. Gli do del tu o del lei? Attacco con un bello scusami e così ottengo la sua attenzione. Poi gli chiedo qual è, secondo lui, la struttura logica dell'inferenza scientifico-sperimentale. Mi guarda malissimo: sconcerto, incomprensione, ira, anche, perché lo sto prendendo per i fondelli; scappo via. Una volta in macchina, quando sto per andarmene, lo vedo parlare con un altro addetto del distributore: mi indica e ride (Ecco che mi guardano e ridono: e nel ridere mi odiano anche. V'è del gelo nel loro riso) ma io non me la prendo perché me la sono cercata. 

Verso est, l'indaco della notte; verso ovest, l'arancione rosato del tramonto. E sopra di me, beh... non so decidere quale parola è quella giusta per la sfumatura di colore che osservo. 
Su, oltre il cielo serotino, dove riposano gli dei defunti del passato, trapassati da innumerevoli raggi cosmici. 
La verità è che guardiamo il cielo perché non conosciamo la verità. La verità è che sappiamo che non conosceremo mai la verità. 
Su, su, nei cieli superni. 
La verità è che non troviamo il cielo che cerchiamo. 

Guido. 
Guido verso casa. Guido. 
Perché il mondo non va come voglio? 

Accendo il computer per farmi una partita a Dead Space. Carico il salvataggio e comincio a giocare. Almeno mi rilasso un po' . Mi rilasserò sparando agli umani mutanti, smembrandoli, mutilandoli, facendo esplodere le loro teste. Adesso i giochi li fanno meglio: non c'è più soltanto il sangue; mettono anche i pezzi di organi. Si spargono in giro quando fai esplodere un mostro. 
Ciò che facciamo è insensato: impedire ad Aqualung e agli altri barboni come lui di sdraiarsi sulle panchine; questo non farà sparire i barboni. (Una lama laser orizzontale amputa le gambe di un mostro) Però, così, non li vedremmo più in giro tanto spesso. (Ma il mostro continua a trascinarsi verso di me a forza di braccia; allora gli corro incontro e gli spappolo la testa schiacciandola sotto il mio stivale d'acciaio) se non li vediamo, non ci sono. Come i vecchi dei che sono morti. (L'addome di un mostro viene dilaniato da una sega circolare; ma dallo squarcio escono tanti mostriciattoli che mi saltano addosso) Ma noi continuiamo a guardare il cielo. Lo facciamo perché i barboni ci sono lo stesso, non sono spariti. (Me ne libero, ma a fatica) Guardando il cielo, spesso non vediamo i barboni e tutte le altre cose che ci fa comodo ignorare; forse dovremmo guardarlo un po' meno e abbassare gli occhi sulla terra. (Un altro mostro mi attacca: questo è grosso; lo rallento con una granata speciale e comincio a sparargli a un braccio, per staccarglielo dal corpo) Ogni illusione tende a sostituire il mondo vero nei nostri pensieri. (Credevo che senza braccia il mostro non potesse attaccarmi; invece mi lancia contro dei baccelli esplosivi) Così possiamo non vedere il mondo vero e non pensare a quanto è difficile. (Fermo un baccello a mezz'aria con la telecinesi e lo rispedisco contro il mostro, proprio nel punto vitale) Trovare un senso, dico. 
E' fatta: ho macellato il mostro; frugando il cadavere trovo 5000 crediti. Perfetto: devo proprio passare al negozio a comprare nuove munizioni, altrimenti il plasma gun mi diventa inutilizzabile. 

 

 

 

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