Liceo Scientifico “Paolo Frisi” - Monza
Lo spettro del mio essere
trascina eterno seco
il peso del rumore e
ovunque echeggia eco,
ma niuno coglie orrore,
nessuno vede tessere
il suo vital clangore.
Tra grigie pallor maschere
— veston fumosa cenere —
avanza in lunghe fila
avvinto a cappi d’etere,
ch’ognun al collo infila:
di verità adultere,
non odon il lor gemere.
Il peso dell’esistenza
le schiaccia tutte a terra,
lui solo alza lo sguardo
e luce l’occhio afferra:
«Le stelle son traguardo,
ma senza alcuna essenza
e il cuor non più mi serra».
M’avanza indi indarno
alla morte è preparato,
pront’a solvere quel ruolo
dai cromosomi dato.
Sa che la vita è duolo,
sa che la vita è ‘nferno
che in terra fu creato.
Or tu spettro se’ Cassandra
che dall’alte mura a Troia
sola vede Acheo’l male
giunt’a togliere la gioia
e di Priamo il figlio frale,
lui con l’armatura d’ambra,
a veder che in croce muoia.
‘Sì spogliasti lor la vita
d’ogni credo umano e falso,
ma fu detto che pel fatto
che di Maya il vel hai arso,
la follia fosse’l tuo tratto.
La realtà fu definita,
folgorato fosti, oh Tarso:
Striscian serpi e le catene
che legaro alla menzogna,
che fissaron noi all’opra,
necessaria e poi feconda.
E per quanto noi s’adopra,
nulla infine ci trattiene,
sarem fior su d’una tomba.
Come pupi in un teatrino,
per fili abbiam catene
e il baratro è scenario
ma false son le scene.
A un ruolo arbitrario
noi costretti dal destino,
recitando parti oscene.
Come in un sogno onirico
dalla realtà siam spinti.
Ma sol non è il mio spirito
se insieme siamo vinti,
in un abbraccio o fremito,
da quel ritorno ciclico:
dalle maglie d’esser cinti.