Liceo Scientifico “Paolo Frisi” - Monza

Premio Letterario “Federico Ghibaudo”
Premio Speciale Giuria


“LETTERA A GIUDA”
di Paolo Pace - 5a F


Lo spettro del mio essere 
trascina eterno seco
il peso del rumore e
ovunque echeggia eco,
ma niuno coglie orrore,
nessuno vede tessere
il suo vital clangore. 

Tra grigie pallor maschere
— veston fumosa cenere —
avanza in lunghe fila
avvinto a cappi d’etere,
ch’ognun al collo infila:
di verità adultere,
non odon il lor gemere.

Il peso dell’esistenza
le schiaccia tutte a terra,
lui solo alza lo sguardo
e luce l’occhio afferra:
«Le stelle son traguardo,
ma senza alcuna essenza
e il cuor non più mi serra».

M’avanza indi indarno
alla morte è preparato,
pront’a solvere quel ruolo
dai cromosomi dato.
Sa che la vita è duolo,
sa che la vita è ‘nferno
che in terra fu creato.

Or tu spettro se’ Cassandra
che dall’alte mura a Troia
sola vede Acheo’l male
giunt’a togliere la gioia
e di Priamo il figlio frale,
lui con l’armatura d’ambra,
a veder che in croce muoia.

‘Sì spogliasti lor la vita
d’ogni credo umano e falso,
ma fu detto che pel fatto
che di Maya il vel hai arso,
la follia fosse’l tuo tratto.
La realtà fu definita,
folgorato fosti, oh Tarso:

Striscian serpi e le catene
che legaro alla menzogna,
che fissaron noi all’opra,
necessaria e poi feconda.
E per quanto noi s’adopra,
nulla infine ci trattiene,
sarem fior su d’una tomba.

Come pupi in un teatrino,
per fili abbiam catene
e il baratro è scenario
ma false son le scene.
A un ruolo arbitrario
noi costretti dal destino,
recitando parti oscene.

Come in un sogno onirico
dalla realtà siam spinti.
Ma sol non è il mio spirito
se insieme siamo vinti,
in un abbraccio o fremito,
da quel ritorno ciclico:
dalle maglie d’esser cinti.


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